Il Tribunale, decidendo sulla eccezione di legittimita' costituzionale per violazione dell'art. 76 Costituzione dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; Osserva: 1. In data 26 settembre 2018 il P.M. ha disposto la citazione diretta a giudizio davanti al Tribunale di Savona in composizione monocratica nei confronti di G S per i reati p. e p. dagli artt. 31 e 35, comma 1 e 6 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e successive modificazioni, perche' in qualita' di legale rappresentante dell'armeria denominata « - », titolare di licenza per la vendita e il deposito per i fini di commercio di armi comuni da sparo, rilasciata dal Questore di Savona, faceva raccolta di n. 35 armi lunghe usate violando l'obbligo di annotarle nell'apposito registro delle operazioni giornaliere unitamente all'indicazione delle generalita' delle persone con cui le operazioni stesse erano compiute. 2. Nel corso del dibattimento e' emerso che la condotta dell'imputato, se sussunta nella fattispecie prevista nell'art. 35, comma 1 TULPS, comporterebbe l'applicabilita' dell'art. 35, comma 8 TULPS che prevede una sanzione con cornice edittale compresa tra sei mesi e due anni di arresto e tra 4.000 e 20.000 euro di ammenda. Il difensore il 25 gennaio 209 ha depositato memorie difensive ed eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 nella parte in cui il legislatore delegato ha provveduto a sostituire la sanzione dell'arresto da tre mesi a un anno e dell'ammenda non inferiore a lire cinquantamila con la sanzione dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro. La nuova disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 76 e 77, comma 1 Costituzione poiche' inserita in un decreto legislativo adottato dal Governo privo del potere esercitato avendo oltrepassato i limiti contemplati nell'art. 36 della legge delega n. 88 del 2009. (Ulteriori ragioni di incostituzionalita' sono state rintracciate nella violazione del principio di determinatezza dell'art. 35, comma 1 TULPS, non essendo stato precisato il termine entro il quale l'armaiolo e' tenuto a provvedere alla iscrizione delle operazioni nel registro richiamato nell'art. 35, comma 1 TULPS.) 3. Al fine di valutare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della eccezione sollevata non puo' prescindersi dal richiamo alle norme che trovano applicazione nel caso concreto: 3.1 Art. 35, comma 1 e comma 8 cosi' come modificato ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 ed entrato in vigore il 1° luglio 2011. Il legislatore delegato, con l'intento di ottemperare agli obblighi di attuazione della direttiva del Consiglio delle comunita' europee n. 91/477/CEE, come modificata dalla direttiva 2008/51CE, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, ha novellato l'art. 35 TULPS che recita: «L'armaiolo di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, e' obbligato a tenere un registro delle operazioni giornaliere, nel quale devono essere indicate le generalita' delle persone con cui le operazioni stesse sono compiute. Il registro e' tenuto in formato elettronico, secondo le modalita' definite nel regolamento. Il registro di cui al comma 1 deve essere esibito a richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di 50 anni. Alla cessazione dell'attivita', i registri delle operazioni giornaliere, sia in formato cartaceo che elettronico, devono essere consegnati all'Autorita' di pubblica sicurezza che aveva rilasciato la licenza, che ne cura la conservazione per il periodo necessario. Le informazioni registrate nel sistema informatica di cui all'articolo 3 del decreto legislativo del 25 gennaio 2010, n. 8, sono conservate per i 50 anni successivi alla cessazione dell'attivita'. Gli armaioli devono, altresi', comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalita' dei privati che hanno acquistato o venduto loro le armi, nonche' la specie e la quantita' delle armi vendute o acquistate e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati. Le comunicazioni possono essere trasmesse anche per via telematica. E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore. Il nulla osta non patir essere rilasciato ai minori di 18 anni, ha la validita' di un mese ed e' esente da ogni tributo. Le domanda e' redatta in carta libera. Il questore subordina il rilascio del nulla osta alla presentazione di certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non e' affitto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacita' di intendere e di volere, ovvero non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti psicotrope ovvero abusare di alcool, nonche' dalla presentazione di ogni altra certificazione sanitaria prevista dalle disposizioni vigenti. Il contravventore e' punito con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro. [...]» 3.2 Artt. 36 e 2, legge 7 luglio 2009, n. 88 Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2008 Si tratta degli articoli della legge che fissano i principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega legislativa. In particolare: Art. 2 - 1. Salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui ai capi II e IV, ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali: lett. c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravita'. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di ad agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro e' prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entita', tenendo conto della diversa potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni. Le somme derivanti dalle sanzioni di nuova istituzione, stabilite con i provvedimenti adottati in attuazione della presente legge, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, entro i limiti previsti dalla legislazione vigente, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle amministrazioni competenti all'irrogazione delle stesse; Art. 36 - 1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2008/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva n. 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, anche i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi: lett. n) prevedere l'introduzione di sanzioni penali, nei limiti di pena di cui alla legge 2 ottobre 1967, n. 895, ed alla legge 18 aprile 7975. n. 110, per le infrazioni alle disposizioni della legislazione nazionale di attuazione della direttiva 2008/51/CE. 3.3 Art. 35, comma 1 e comma 8 vigente dal 12 aprile 2006 al 30 giugno 2011 Si tratta della versione precedente all'intervento del Legislatore delegato e in vigore fino al 1° luglio 2011 Il fabbricante, il commerciante di armi e chi esercita l'industria della riparazione delle armi e' obbligato a tenere un registro delle operazioni giornaliere, nel quale devono essere indicate le generalita' delle persone con cui le operazioni stesse sono compiute. Tale registro deve essere esibito a richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di dieci anni anche dopo la cessazione dell'attivita'. I commercianti di armi devono, altresi' comunicare mensilmente all'Affido di polizia competente per territorio le generalita' delle persone e delle ditte che hanno acquistato o venduto loro le armi, la specie e la quantita' delle armi vendute o acquistate e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati. E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore. Il nulla osta non puo' essere rilasciato a minori, ha la validita' di un mese ed e' esente da ogni tributo. La domanda e' redatta in carta libera. Il questore puo' subordinare il rilascio del nulla osta, di cui al comma precedente, alla presentazione di certificato del medico provinciale, dell'ufficiale sanitario, o di un medico militare dal quale risulti che il richiedente non e' affitto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacita' di intendere e di volere. Il contravventore e' punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a lire cinquantamila. [...] 4. Sulla rilevanza della questione La sussunzione del fatto oggetto del procedimento RG. Trib. 146/18 nella fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 35, comma 1 TULPS comporta, trattandosi dell'unica interpretazione conforme con l'attuale quadro normativo in materia (e rispettosa dei principi costituzionali in materia penale in particolare il principio di legalita' ex art. 25, comma 2 Costituzione), l'applicazione della sanzione di cui all'art. 35, comma 8 TULPS. Alla luce degli elementi raccolti durante il dibattimento, si tratta dell'unica conclusione possibile laddove si rammenti: a) che l'odierno imputato rientra senz'altro nella definizione di «armaiolo» di cui all'art. 1-bis, lett. g) decreto legislativo n. 527/1992 ma anche di «commerciante di armi e chi esercita l'industria della riparazione delle armi» di cui all'art. 35 previgente; b) che lo stesso ha omesso di annotare nel registro richiamato nell'art. 35, comma 1 TULPS la detenzione presso l'armeria di n. 34 di armi lunghe ed una canna di fucile e di indicare le generalita' delle persone con cui le operazioni relative alle armi sono state compiute (v. deposizione sovr. D P della Questura di - e verbale di sequestro). E' altresi' emerso che non sussiste ad oggi alcuna causa di estinzione del reato e che non ricorrono ne' ragioni per poter pronunciare una sentenza di proscioglimento, e pertanto questo Giudice, trattandosi di un fatto verificatosi in data 18 aprile 2017, sarebbe tenuto a determinare la sanzione da applicare al caso concreto assumendo quale parametro di riferimento la cornice edittale dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro (attualmente prevista dal comma 8 dell'art. 35 TULPS). La rilevanza della questione nel caso concreto risulta lapalissiana, ove si consideri che l'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, imporrebbe di procedere ad una determinazione della pena nei limiti previsti nell'art. 35, comma 8 nella formulazione precedente all'intervento del legislatore delegato del 2010. Se la Corte costituzionale dovesse censurare con la dichiarazione di incostituzionalita' l'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 204, cio' comporterebbe l'immediata reviviscenza dell'art. 35, comma 8 TULPS nella formulazione in vigore fino al 1° luglio 2011, e cio' imporrebbe a questo Giudice, in forza di quanto stabilito dall'art. 136, comma 1 Costituzione, di applicare una pena piu' mite, nell'ambito della cornice edittale dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro e non piu' quella dettata nella formulazione attuale che prevede l'arresto da sei mesi a due anni e l'ammenda da 4.000 estro a 20.000 euro. 5. La modifica dell'art. 35 TULPS introdotta con decreto legislativo 204 del 26 ottobre 2010. L'art. 35, comma 6 TULPS nel testo precedente il decreto legislativo n. 204/2010 sanzionava precetti penali eterogenei accomunati dalla riferibilita' ad un soggetto che esercita professionalmente l'attivita' di «fabbricante, il commerciante di armi e chi esercita l'industria della riparazione delle armi». La sanzione penale era riferita sia alle violazione dei doveri di tenuta, esibizione e comunicazione del registro di P.S. delle operazioni giornaliere (commi 1-3), sia alla violazione dei divieti di vendita di armi a soggetti non muniti di porto d'archi o di nulla osta all'acquisto (commi 4-5). Il nuovo testo, per la parte che qui interessa, puntualizza il novero dei soggetti attivi, sostanzialmente coincidenti con la precedente definizione, e modifica in parte le forme di documentazione e comunicazione, prevedendo, ad esempio, la possibilita' di tenuta di un registro elettronico anziche' cartaceo e la consegna all'autorita' del registro al momento della cessazione dell'attivita'. Tuttavia l'area centrale del precetto penale rimane identica. Puo' dunque affermarsi che la modifica dell'art. 35 TULPS non e' consistita nell'introduzione di uno o piu' reati totalmente nuovi ma nell'inasprimento della sanzione di fattispecie penali solo parzialmente modificata nella delimitazione delle condotte sanzionate. 6. Sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 L'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 appare in contrasto con l'art. 76 Costituzione per eccesso di delega, essendo il Legislatore delegato intervenuto superando i limiti di oggetto o comunque violando i principi ed i criteri direttivi indicati negli arti. 36 e 2 della legge 7 luglio 2009, n. 88 Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee Legge comunitaria 2008. L'attuale sistema costituzionale, nel disciplinare l'esercizio della funzione legislativa, riconosce un ruolo centrale al Parlamento e, solo in casi eccezionali e nel rispetto di particolari prerogative, anche al Governo ai sensi degli artt. 76 e seguenti, che disciplinano gli istituti del decreto legge e del decreto legislativo. Delegare il Governo a determinate condizioni a esercitare la funzione legislativa ha costituito una meditata scelta del Costituente che, consapevole dell'eccezionalita' dello strumento, ha provveduto ad indicare in modo puntuale una dettagliata regolamentazione, al fine di evitare che eventuali abusi di questo iter formativo degli atti legislativi potessero riverberarsi negativamente sul delicato equilibrio che connota il rapporto tra il potere legislativo ed esecutivo. L'esigenza avvertita fu quella di evitare che il Parlamento potesse essere, attraverso una violazione sistematica delle disposizioni in materia di delegazione legislativa, esautorato della sua centralita' e del potere legislativo, con consequenziale elusione del principio di rappresentativita' della legge garantito in materia penale anche dall'art. 25, comma 2 Costituzione. Con particolare riguardo all'istituto del decreto legislativo, questi principi sono stati valorizzati ed enucleati in modo puntuale anche dal Giudice delle leggi che ha delineato con minuzia i confini del c.d. eccesso di delega. In particolare questo vizio si configura quando si ravvisa un contrasto tra norma delegata e norma delegante per inosservanza dei principi e criteri direttivi o del limite temporale o per esorbitanza dall'oggetto della delega (Corte costituzionale, sent. n. 59/2016). In definitiva, in questi casi si stigmatizza il comportamento del Legislatore delegato che agisce senza potere rispetto alla materia trattata nelle norme in contrasto con la legge delega. In concreto occorre domandarsi se il Legislatore delegato ha rispettato i limiti di oggetto, i principi e i criteri indicati nella legge 7 luglio 2009, n. 88 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2008». Nel caso di specie i parametri di riferimento per vagliare compatibilita' tra norma delegata e norma delegante vanno rintracciati negli artt. 36 e 3 della legge n. 88/2009 (e nei diversi rinvii normativi in essi contenuti), norme queste ultime che consentono di perimetrare in modo dettagliato/preciso entro quali limiti puo' essere legittimamente esercitato il potere delegato dal Parlamento. L'art. 36, comma 1, lett. n), legge n. 88/2009 stabilisce: «Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 200/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai principi e ai criteri direttivi generali di cui all'art. 2, anche i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi: ... (Omissis) n) prevedere l'introduzione di sanzioni penali, nei limiti di pena di cui alla legge 2 ottobre 1967, n. 895, ed alla legge 18 aprile 1975, n. 110, per le infrazioni alle disposizioni della legislazione nazionale di attuazione della direttiva 2008/51/CE». La lettera della norma consente prima facie di desumere che: a) il potere delegato si riferisce esclusivamente alla «introduzione» di sanzioni penali; b) nell'introdurre queste sanzioni il potere riconosciuto al Governo incontra il limite previsto nelle disposizioni previste nella legge n. 895/1967 e legge n. 110/1975. La previsione della sola introduzione di sanzioni penali costituisce un preciso limite al potere conferito al legislatore delegato che esclude la possibilita' di incidere sulle sanzioni gia' esistenti sia aggravando che mitigando il trattamento. Una tale lettura e' confermata dall'art. 2, comma 1, lett. c), legge 7 luglio 2009, n. 88 che, nel dettare i criteri a cui deve attenersi il legislatore delegato nell'introduzione di nuove fattispecie penali o di illeciti amministrativi, limita la delega «al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti». Tale interpretazione della legge delega e' ulteriormente avvalorata dall'ulteriore criterio direttivo contenuto nell'art. 2, lett. c), secondo cui «Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi». In sostanza la norma dell'art. 2, lett. c) si apre con una clausola di sussidiarieta' in forza della quale e' escluso il potere del Legislatore delegato nei casi in cui la materia e' gia' regolata da una norma penale ed aggiunge il vincolo di prevedere, per le nuove fattispecie, sanzioni identiche a quelle esistenti per violazioni omogenee. Ove pertanto si volesse, per assurdo, ritenere conferito al Governo il potere di incidere sulle sanzioni penali esistenti, il principio dell'art. 2, lett. c) terz'ultimo paragrafo, imporrebbe al governo di applicare un trattamento identico a quello esistente. Una volta riconosciuta la continuita' e sostanziale sovrapponibilita' tra le fattispecie penali dell'art. 35 TULPS attuale e previgente ed evidenziato che la legge n. 88/2009 non conferiva al Governo il potere di modificare il trattamento sanzionatorio per le fattispecie penali previgenti, appare fondato il sospetto d'incostituzionalita' per violazione dell'art. 76 Costituzione, per esorbitanza dai limiti di oggetto e/o violazione dei principi e criteri direttivi, dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 26 ottobre 2010, n. 204 nella parte in cui modifica il comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Ovviamente, l'intervento della Corte postula un tentativo di interpretazione conforme da parte del Giudice a quo, che si vede costretto a sollevare la questione di legittimita' costituzionale della disposizione solo se non sussistono opzioni ermeneutiche tali da garantire la sopravvivenza nel sistema della norma oggetto di esame. Nel caso di specie non sono possibili percorsi di esegesi dell'art. 3, comma 1 lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) che garantiscano la conformita' della norma de qua con i principi di cui all'art. 76 Costituzione. Non aiuta a superare questa tensione con la Carta fondamentale il ricorso ai criterio letterale, al criterio storico, al criterio sistematico e a quello teleologico. Neppure il richiamo allo scopo perseguito dal decreto legislativo, ovvero dare attuazione alla direttiva del Consiglio delle comunita' europee n. 91/477/CEE, come modificata dalla direttiva 2008/51/CE, offre una valida soluzione: l'art. 16 della direttiva stabilisce che «Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva ed adottano ogni misura necessaria per assicurarne l'esecuzione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive», lasciando impregiudicati i poteri del Legislatore interno al quale riconosce ampia discrezionalita' nella definizione degli strumenti da adottare per dare effettivita' al provvedimento comunitario. Non essendo possibile un'interpretazione conforme, deve essere sollevata questione di legittimita' costituzionale.